Fonte: “La Difesa del Popolo”, 5 settembre 2010, a cura di Claudia Belleffi. Intervista a Marisa Galbussera.
Da 67 anni il Centro Italiano Femminile (Cif) promuove una cultura dove le donne sono soggetti attivi per la costruzione di una democrazia solidale e di una convivenza fondata sul rispetto dei diritti umani. Nasce, infatti, nel 1944, nel quadro di una riorganizzazione delle associazioni femminili cattoliche, allo scopo di promuovere la partecipazione delle donne alla ricostruzione del paese e alla vita della nascente democrazia dopo lo sconquasso della guerra. Da allora è stato un crescendo di impegno, teso a riaffermare costantemente il valore primario della persona, la dignità della donna e l’attenzione ai più deboli e discriminati.
Ma perché un’associazione per le donne?
“Molte donne non hanno coscienza del fatto che i millenni di storia dell’umanità che hanno preceduto il ‘900 sono stati fatti, realizzati, decisi e gestiti dagli uomini. Troppo spesso si dimentica che, fino a sessant’anni fa, le donne non avevano diritto al voto, e dunque nessun tipo di potere nello sviluppo della società civile. C’è una tendenza, soprattutto tra le giovani generazioni, a considerare questi diritti come acquisiti una volta per tutte; in realtà, a proposito delle donne, è ancora corretto parlare di “cittadinanza incompiuta”: molto infatti resta da fare in termini di formazione e partecipazione alla gestione dei ruoli chiave della politica, del mondo del lavoro e dell’economia. Un maggior apporto femminile alle grandi decisioni della storia produrrebbe cambiamenti in termini di un progresso che sia davvero tale, vale a dire improntato all’eticità, al rispetto delle differenze, a una migliore qualità della vita per tutti. Le donne hanno però ancora molta strada da percorrere sia per autorizzarsi esse stesse ad affrontare compiti a cui non sono avvezze, sia per combattere affinché questi ruoli vengano loro riconosciuti dal potere precostituito”.
La presenza femminile nella società che caratteristiche dovrebbe avere?
“Mi viene in mente la figura mitologica di Antigone, così come viene rappresentata nella tragedia di Sofocle. Antigone è una donna libera, che pensa, decide e opera in piena autonomia, in contrapposizione con il potere e la tradizione degli uomini. La sua trasgressione consiste non nel disprezzo delle leggi scritte, ma nell’osservanza di un ordine universale e perenne che le leggi della città non riescono a contemplare. Supera il formalismo della legge per onorare un principio di giustizia, potremmo dire più essenziale della legge stessa. Antigone costruisce la polis (società) attraverso la pietas, quel tessuto di sentimenti e di valori che cementano in termini di giustizia assoluta i rapporti tra le persone e tra i cittadini e le istituzioni. E’ una legge di solidarietà che non conosce discriminazioni, che crea continuità tra la vita e la morte, che travalica la separazione tra amico e nemico. E’ un’etica universale, che viene prima di ogni legge scritta e di ogni convenzione, perché dà senso a ogni patto sociale, dal quale prende forma ogni espressione politica. Nel rapporto tra individuo e organizzazione socio-politica, Antigone sceglie di difendere le leggi fondamentali dell’essere umano che, a suo parere, vengono prima delle leggi dello stato; e così si ribella a ogni forma di razzismo o di casta, si ribella di fronte al disprezzo per lo straniero o alla negazione del rispetto per l’avversario politico. Ecco: così m’immagino la donna di fronte alle sfide della società contemporanea!”.
Il vostro prossimo anno associativo su quali binari si muoverà?
Sono diversi i temi che proveremo ad affrontare: innanzitutto proseguiremo il lavoro, già iniziato quest’anno, sul dialogo interreligioso, in particolare tra le grandi fedi monoteiste (islam, ebraismo e cristianesimo), per contribuire al dialogo ecumenico e approfondirlo dal punto di vista teologico. Ci interessa però conoscere meglio anche altre tradizioni, come quelle africane e asiatiche, in particolare la cinese, a causa della presenza massiccia di questo tipo d’immigrazione sul nostro territorio. Nell’ambito delle fedi cristiane inoltre, dedicheremo una particolare attenzione alla tradizione greco-ortodossa. Accanto alla formazione sul piano teologico ed ecumenico, e necessariamente in linea con essa, i diversi gruppi comunali affronteranno temi di attualità, legati alla varie tematiche della contemporaneità il cui filo conduttore sarà: le donne e la globalizzazione, cioè come vivono le donne, le madri, le cittadine italiane, il rapporto con il mutamento dello spazio e del tempo che la globalizzazione ha inevitabilmente introdotto nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nel mondo del lavoro, della società e dell’economia. Questi e molti altri temi saranno inoltre affrontati nel nostro Cineforum, che da anni svolge un’opera di sensibilizzazione presso il vasto pubblico che vi partecipa su temi di attualità, come il rapporto intergenerazionale, l’adolescenza, la salute, la pace, la comunicazione, l’invecchiamento”.
Cosa significa allora essere donne in un mondo che cambia e che si caratterizza sempre più come villaggio globale, senza perdere la propria identità e dimenticare le proprie radici?
“La cultura occidentale, e con essa il cristianesimo, sta vivendo una situazione estremamente particolare. Qualcosa d’importante sta mutando e si sta trasformando. Lo scenario mondiale ha visto in questi anni la crescita dei processi di globalizzazione, con la prevalenza del mercato finanziario rispetto agli scambi delle risorse produttive e il moltiplicarsi di nuovi soggetti, come Cina e India, che si affacciano alla competizione globale. E’ evidente a tutti, in particolare dopo il disastro economico finanziario del 2008, che la politica ha ceduto il passo all’economia, rinunciando spesso a governarne i processi. Così sembra inarrestabile il processo di liberalizzazione dei mercati, dove peraltro appare preponderante l’influenza esercitata dalle grandi multinazionali. La domanda che occorre porsi è allora se è ancora importante una progettualità politica capace di intervenire nel complesso scenario internazionale e quale nuova strategia sia da mettere in atto per dar vita a una comunità locale, ma anche più ambiziosamente europea, organizzata per il raggiungimento del bene comune. In particolare il momento che stiamo vivendo ci obbliga a porci domande sulla nostra identità e quindi sulla nostra storia. Stiamo rischiando di perdere le nostre radici perché non abbiamo coscienza della nostra eredità, della nostra storia, della nostra cultura. La nostra memoria si accorcia sempre più, non abbiamo più rapporti quotidiani con i testi dei grandi pensatori e, diversamente da loro, non esploriamo più il mondo che sta fuori in termini davvero critici. Senza la conoscenza della nostra storia e quella degli altri, chi siamo? Solo dei consumatori di video-games? Di scadenti programmi televisivi? Di prodotti sempre meno di qualità? Delle imitatrici di veline?”.