Fonte: di Finizia Scivittaro (“Cronache e Opinioni”, marzo 2011)
Le donne immigrate che si rivolgono al Consultorio familiare Cif di Padova chiedono aiuto soprattutto per problemi legati alla gravidanza e al parto, per le difficoltà inerenti la ricerca e l’inserimento lavorativo, per la necessità di rinnovare il permesso di soggiorno e per l’urgenza di trovare nuove abitazioni, soprattutto se vivono da sole o con i propri figli.
Accade spesso che queste donne si trovino a dover affrontare le maggiori difficoltà sul versante lavorativo ed economico proprio durante la gravidanza e subito dopo il parto e cioè proprio nei momenti più importanti e delicati nella vita di una donna in cui ha bisogno di maggior sostegno e attenzioni.
Il senso di solitudine e di precarietà è molto frequente nelle donne immigrate che hanno perso il lavoro e devono affrontare la gravidanza, lontane dal loro paese d’origine e dalla loro famiglia. Si trovano in un mondo che non condivide le loro rappresentazioni, non corrisponde alle loro aspettative. Nei loro paesi di origine le donne in gravidanza e le giovani madri godono del supporto delle donne della famiglia allargata e possono essere aiutate e guidate in tutti i passaggi essenziali della maternità. La condizione di tristezza e depressione in cui spesso tante madri migranti vivono l’evento centrale della loro vita è qualcosa che non avrebbero mai immaginato.
Per far fronte a questo tipo di problematiche che le donne immigrate pongono, è necessario che, nella presa in carico di ogni singolo caso, intervengano, ogni volta figure professionali del nostro Consultorio, che a vario titolo possono intervenire con la propria specifica competenza professionale. In questi casi il lavoro di supervisione, realizzato periodicamente nell’équipe degli operatori del Consultorio, è essenziale per coordinare i modi e i tempi di intervento dei singoli professionisti coinvolti. La figura dell’assistente sociale inoltre, è di estrema importanza soprattutto per favorire i contatti con le altre strutture sanitarie e con gli enti che a vario titolo si occupano della presa in carico degli immigrati.
Gli aspetti psicologici, di solito, vengono messi in secondo piano dalle donne immigrate rispetto all’urgenza delle problematiche sopra citate. Essi, inoltre, sono poco conosciuti come temi degni di attenzione da rivolgere ad uno specialista sanitario, perché molto spesso la figura dello psicologo nei paesi di origine delle donne immigrate, soprattutto se provengono da paesi extracomunitari, è poco conosciuta o addirittura inesistente. Questo tipo di problematiche viene affrontato in modi assolutamente diversi dal nostro approccio psicologico – sanitario occidentale. Le donne immigrate generalmente possono giungere ad una consultazione psicologica, presso il Consultorio, solo dopo aver sperimentato rapporti buoni e degni di fiducia con le figure socio-sanitarie che le hanno assistite e che hanno suggerito loro una possibile consulenza psicologica. Per questo la creazione di reti formali ed informali significative rappresenta una condizione necessaria affinché si possa salvaguardare e promuovere l’importanza della salute psicologica per le donne migranti.
Infine le donne, quando arrivano alla consulenza psicologica, spesso mostrano una grande diffidenza verso la figura dello psicologo, perché presuppongono di non poter essere capite e comprese nelle loro problematiche. Spesso hanno paura di essere vittime di giudizi negativi da parte dello specialista. Per questi motivi l’intervento psicologico che attiviamo presso il Consultorio fa riferimento ai principi teorici della clinica transculturale e dell’etnopsicoanalisi. Tali riferimenti teorici permettono di salvaguardare il fitto intreccio tra gli aspetti strettamente individuali e gli elementi simbolici e culturali del paese di appartenenza delle donne immigrate.
Il primo obiettivo è quello di favorire la costruzione di una buona alleanza di lavoro tra noi consulenti e le pazienti, in modo da creare le basi necessarie affinché la persona possa esprimere il proprio disagio e le proprie difficoltà, nella consapevolezza di sentirsi accolta e compresa a partire dalla propria storia personale.
In secondo luogo, su un piano più istituzionale, siamo consapevoli che per rispondere in modo adeguato alle problematiche delle donne immigrate, il nostro contributo ed operato può essere efficace solo se è inserito in rete ed è collegato con le altre strutture socio-sanitarie presenti sul territorio, come le ASL, l’ospedale, i consultori pubblici, ecc.
Il lavoro di rete, tra i singoli professionisti e tra le istituzioni, è la risorsa principale e più preziosa per affrontare nel modo migliore le nuove sfide che ci pone il fenomeno dell’immigrazione in campo socio-sanitario.